lunedì 28 settembre 2009

Music off the edge of the world - 002

Dopo un bel pò di tempo, finalmente riesco a trovare il tempo per commentare un paio di album! Ormai non sono più "nuove uscite", ma in fondo chi se ne frega... Come scrivo sempre, questo è il mio spazio personale e non un sito che ambisca a fare informazione o a essere "sul pezzo", perciò...
Ci sarebbe da parlare anche di The Devil You Know, ovviamente, ma voglio dedicargli un post intero ed esclusivo più avanti. Perciò, andiamo a cominciare!

Queensrÿche - American Soldier


La nuova fatica di Geoff Tate e compagni è un altro concept album, stavolta dedicato ai soldati americani, alle loro esperienze, sogni, paure, famiglie. Il lavoro di documentazione svolto dalla band è stato, come sempre, davvero notevole, e ha coinvolto in prima persona moltissimi soldati che hanno fornito le loro testimonianze, storie, opinioni. Il risultato è un disco che dal punto di vista dei testi è davvero interessante e profondo: uno di quei rari casi in cui la lettura del booklet è imprescindibile. Un approccio quasi cantautoriale che ha sempre fatto parte del DNA del gruppo di Seattle, ma che qui emerge chiaramente come mai prima. Dal punto vista musicale, siamo sulla falsariga di Operation: Mindcrime II, con pezzi che viaggiano su ritmi lenti e riflessivi, lunghe parentesi strumentali e sonorità "liquide". Onestamente, il disco precedente mi era parso più ispirato, pur dovendosi confrontare con cotanto predecessore. Questo non è brutto ma va assorbito a piccole dosi: un ascolto di tutto l'album di fila può essere soporifero, e questo è il suo principale difetto. Dopo averli visti al Gods of Metal quest'estate, però, devo aggiungere che i brani di questo disco risultano più convincenti dal vivo: quella è la loro dimensione ideale, grazie alla classe di Tate e compagni come navigati showman.


Candlemass - Death Magic Doom


Il ritorno dei maestri dell'epic doom è di quelli da ricordare: Leif Edling confeziona infatti una serie di canzoni ispiratissime, e le performance di tutti i musicisti unite all'impeccabile produzione ne fanno un disco di valore assoluto. Era da tempo che il gruppo svedese non forniva una prova così convincente; i due album precedenti erano assolutamente validi (soprattutto il "white album"), e ben sopra la media delle produzioni di tanti gruppi storici ormai a corto di idee. Però, in Death Magic Doom c'è di più; c'è un tocco della stessa magia, della stessa maestosa epicità di dischi come Nightfall e Epicus Doomicus Metallicus (citato abbastanza chiaramente nel titolo a tre parole). L'apertura è affidata ad un dittico da paura: la martellante If I Ever Die - che potrebbe quasi essere una versione potenziata e migliorata di Black Dwarf - e la sabbathiana Hammer of Doom sono davvero da applausi in tutto: dagli intrecci di chitarra e basso alla batteria ultrapesante (e pensante), fino alla strepitosa voce di Robert Lowe. L'ex frontman dei Solitude Aeternus si mantiene su livelli eccellenti per tutto l'album, dimostrando ancora una volta che, se non era l'unico sostituto possibile per Messiah, era di certo il migliore. The Bleeding Baroness tiene alta la tensione, ammaliando come la protagonista della nera storia che racconta, e anche i pezzi seguenti non deludono. Da segnalare, in particolare, le melodie "avvolgenti" di Dead Angel e l'incedere maestoso di My Funeral Dream. Davvero un grande disco, che conferma i Candlemass tra i nomi più ispirati del momento (non solo nel doom).