Nei confronti de Il Cavaliere Oscuro, il secondo film di Batman firmato da Chris Nolan, avevo delle aspettative altissime. Batman Begins mi era piaciuto molto, e tutti i commenti in rete portavano a pensare che il suo seguito sarebbe stato ancora meglio. Sin dalle prime foto del Joker interpretato da Heath Ledger si era capito che ci saremmo trovato di fronte a qualcosa di speciale, a una visione di Batman e del suo mondo capace di lasciare il segno in maniera indelebile. I primi trailer non fecero che confermare queste impressioni, facendo salire l'hype in maniera eccezionale in tutti gli appassionati dell'uomo pipistrello, sottoscritto compreso. Nel frattempo, Heat Ledger ci ha lasciato, contribuendo (brutto dirlo, ma è così) a dare un'ulteriore spinta alla curiosità della gente per il film, che è diventato anche il suo testamento artistico.
Ieri sera, ho finalmente potuto vedere la pellicola nell'anteprima Warner, come rappresentante di DC World/DC Forum, grazie alla gentilissima intercessione dell'amico Andrea Voglino. E le aspettative di cui sopra sono state addirittura superate.
The Dark Knight/Il Cavaliere Oscuro non è solo il miglior film di Batman; non è solo il miglior film di supereroi. E' proprio un grandissimo film in senso assoluto, uno di quelli che travalicano le distinzioni di genere per proporsi come grande opera cinematografica "tout court".
Nelle due ore e mezza di durata della pellicola, Nolan riesce a condensare tutto il meglio di Batman e del suo mondo, tutti gli elementi fondanti che lo rendono affascinante. Al tempo stesso, produce un'opera di indiscutibile valore cinematografico, un gangster-movie nella miglior tradizione di Scarface, del Padrino, de Gli Intoccabili, con un retrogusto amaro e un sottotesto morale non indifferente, senza per questo rinunciare alla spettacolarità dell'azione tipica dei blockbuster estivi americani. E' un film incredibilmente ambizioso sotto tutti i punti di vista, eppure non cade mai, non perde un colpo, e in definitiva si dimostra all'altezza degli altissimi obiettivi che si prefigge.
La sceneggiatura fila, è solida, tutti i conti tornano. Ogni dettaglio, anche quello apparentemente più insignificante, ha un fine ben preciso, è utile all'economia della storia e dello sviluppo dei personaggi. Le riflessioni sul ruolo di Batman, dei suoi nemici, della stessa città di Gotham in un mondo come quello creato da Nolan - crudo e realistico - sono davvero ben sviluppate e interessanti, e conducono a delle risposte decisamente poco rassicuranti, contribuendo a farne una pellicola diversa rispetto a tutte le altre dedicate alle vicende degli eroi dei fumetti.
Gli attori forniscono tutti una splendida prova, sono tutti molto in parte, sia quelli già visti in Begins che tutti i nuovi. Il Joker di Heath Ledger è uno splendido avatar del caos, un monumento alla pazzia, ed è difficile non metterlo in relazione con la prematura scomparsa dell'attore. Un ruolo così è di quelli che ti consumano emotivamente, e Heath ha dato tutto se stesso per portare finalmente anche sullo schermo una versione del Joker degna della sua miglior controparte a fumetti. In alcune scene, è davvero disturbante e spaventoso. Il suo testamento artistico non poteva essere migliore. Ma non è soltanto Ledger a risplendere. Il quadrato dei personaggi principali vede, accanto a Batman e a Joker, anche Harvey Dent e Jim Gordon, e tutti sono interpretati e caratterizzati benissimo. Christian Bale è ancora più convincente che in Begins, rende ancora meglio l'idea di essere sempre sul filo tra ragione e follia, e ci restituisce un uomo pipistrello ancora più realistico e credibile, facendo perfettamente giustizia ad una sceneggiatura che, come dicevamo, mette il ruolo dell'eroe al centro di un contesto realistico, traendone le dovute conseguenze. Gary Oldman è un Jim Gordon assolutamente fantastico, coraggioso e onesto quanto fallibile e umano, e Aaron Eckhart/Harvey Dent a tratti ruba la scena a tutti, consegnando definitivamente al dimenticatoio l'orrendo Due Facce di Tommy Lee Jones con una grande prova d'attore. Perfetti anche i personaggi di contorno: Michael Caine e Morgan Freeman sono sempre impeccabili nelle parti di Alfred e Lucius Fox, e Maggie Gyllenhaal dà finalmente una vera dignità al personaggio di Rachel, sostituendo l'inespressiva Katie Holmes, unica vera pecca di Batman Begins.
Anche dal punto di vista tecnico, Il Cavaliere Oscuro è una gioia per gli occhi: ottima regia, coreografia (le scene di lotta sono di gran lunga migliori di quelle di Begins), fotografia. Si nota la quasi totale assenza di effetti digitali a favore di un approccio più tradizionale, che dà una maggiore solidità al tutto e favorisce il già citato aspetto realistico. Le scene spettacolari sono davvero spettacolari, e anche chi va al cinema principalmente per godersi l'azione e le esplosioni non resterà deluso. Vedere, per credere, la sequenza di apertura: assolutamente da applausi, uno dei migliori incipit che ricordi per un film d'azione.
Nota a margine, ma piuttosto importante: anche il doppiaggio italiano, stavolta, è di buon livello. Siamo decisamente su un altro pianeta rispetto al pessimo lavoro fatto su Begins. Questo non toglie che brami di rivederlo presto in lingua originale, ovviamente.
Per tirare le conclusioni - sempre che siate sopravvissuti a leggere fin qui - Il Cavaliere Oscuro è un grandissimo film, assolutamente da vedere, e destinato a restare nella storia del cinema non solo per i suoi incassi, ma anche per i suoi meriti. Che ci sono, e sono tantissimi. So che a Luglio gli italiani sono poco propensi ad andare al cinema, ma datemi retta. Non perdetevelo. Per nessun motivo!
Lo ammetto: settimana scorsa, quando sembrava che il Milan dovesse decidere tra Ronaldinho e Adebayor, io speravo che prendessero il togolese. Giovane, potente, abile, e ideale per la squadra rossonera, che manca di un giocatore di quel tipo. Ok, c'è Borriello, ma deve ancora dimostrare di non essere un altro Gilardino. Con Ade, si sarebbe chiuso un buco tecnico/tattico e acquisito un giocatore di sicuro valore, di soli 24 anni. Sarebbe stato, in una parola, un acquisto sensato.
E Ronaldinho? Gioca in un ruolo in cui al Milan c'era già un certo Kakà (che non è precisamente l'ultimo degli stronzi). Viene da due stagioni travagliate in cui sembrava aver perso la voglia di giocare al calcio, di essere protagonista, e in cui passava più tempo in discoteca che sul campo. E' stato scaricato dal Barcellona, bollato come indesiderabile dal nuovo tecnico Guardiola. Insomma, è una scommessa, per una squadra che aveva bisogno di certezze.
Eppure...
Eppure, non appena si è saputo che il Milan e Adebayor erano vicinissimi, si è subito mosso con determinazione. De facto, è stato lui stesso - per tramite del suo fratello/procuratore - a far ripartire una trattativa che sembrava essersi arenata definitivamente. Per il Milan ha rinunciato a tanti, tantissimi soldi (si parla di quasi 12 milioni di euro). Per uno stadio che sapeva essere innamorato di lui, delle sue giocate, della sua magia. Per uno stadio che l'aveva osannato anche da avversario. Per la possibilità di giocare ancora ai massimi livelli, ancora in una società prestigiosa (con tutto il rispetto per il Manchester City, mi risulta difficile paragonarlo al Milan, anche non ragionando da tifoso rossonero). La sua convinzione, la sua voglia di vestire il rossonero è qualcosa che, da tifoso, non si può ignorare. In un calcio fatto sempre più di mercenari, di gente che guarda solo ed esclusivamente al denaro e che volta le spalle ai suoi supporters con irrisoria facilità (vero, Cristiano?) è un bel segnale. E contribuisce anche a farmi essere più ottimista sulla sua voglia di tornare ad essere il numero 1: se avesse voluto una tranquilla pensione già a 28 anni, il club di Shinawatra lo avrebbe letteralmente coperto di soldi, e non avrebbe avuto praticamente nessuna pressione. Ronaldinho arriva a Milano con le motivazioni giuste: su questo, gli ultimi giorni di trattativa hanno decisamente fugato i miei dubbi. E se si impegna come si deve, beh, è ancora uno dei 2/3 giocatori più forti del mondo. Uno dei più forti che si siano mai visti, capace di numeri da capogiro. Scusate se è poco.
E poi, c'è la magia. Quella magia che si è manifestata ieri sera a San Siro.
Non mi era mai capitato di vedere un entusiasmo simile per un giocatore, da parte dei tifosi rossoneri. In 40.000 sono andati allo stadio solo per vederlo, per applaudirlo, per incitarlo. Una grande festa, un evento mediatico che però è anche stata una dimostrazione d'amore, una di quelle magie che rendono bello il calcio, che esaltano la sua capacità di essere aggregatore sociale, di dare emozioni e far sorridere la gente. Ed è proprio il sorriso, la vera forza di Ronaldinho. Quel sorriso da cartoon, che si porta dietro ovunque vada, che esprime la gioia che il suo modo di giocare dà a lui così come agli altri, e che negli ultimi due anni si era offuscato. "Voglio dare tanta allegria ai tifosi del Milan": è stato questo il suo mantra, sin dal suo arrivo all'aeroporto. Verso la fine dell'evento, Dinho aveva gli occhi lucidi, si vedeva che era emozionato davvero, travolto dall'affetto della gente di San Siro. Per tutta la serata, non ha mai smesso di sorridere. Scommettiamo che farà sorridere anche noi? E già solo per questo, per il suo impatto sul mondo Milan e sul calcio italiano, mi vien da pensare che forse, tutto sommato, mi sbagliavo, quando pensavo che altri giocatori ci sarebbero serviti maggiormente. Perché niente serve a una squadra più di chi sa dare un'emozione così.
E' tanto che non postavo sul blog: del resto, questo è sempre stato uno spazio verso il quale non avere obblighi, un posto dove scrivere solo se e quando ne ho davvero voglia, senza impegni nè restrizioni. E nell'ultimo periodo, le cose da fare sono state tantissime!
C'è una casa da finire di arredare, un lavoro da cambiare, un matrimonio da organizzare.
Anno importante, il 2008, fatto di tanti cambiamenti (del resto, quelli ci sono sempre, no? Ed è meglio così, altrimenti mi annoierei), di traguardi che sono al tempo stesso nuovi punti di partenza. Fa piacere, comunque, sapere che certe cose non cambiano. Prima tra tutte, l'amicizia, quella vera.
Negli ultimi mesi ho avuto modo di riallacciare i contatti con diversi amici. Un pò per il succitato discorso del lavoro, che mi ha visto tornare da mamma Electronic Arts dopo 15 mesi, un pò per il matrimonio, che inevitabilmente porta a ripensare alle persone importanti della nostra vecchia vita, e che vorremmo lo fossero anche per la nuova. E mi sono reso conto che gli amici, quelli veri, sono per sempre. Non importa se ti sei sentito il giorno prima o sei mesi prima. Non importa se sei nella via accanto o a migliaia di chilometri di distanza. Certi legami non si spezzano, ed è bello che sia così. Il cambiamento è il motore delle nostre vite, la nostra benzina, la nostra fonte di energia, che ci spinge a migliorarci e a non sederci sugli allori. Ma è anche bello, in tutto ciò, potersi appoggiare a delle costanti.
Questo post è dedicato a voi. A tutti i miei amici.